Sicilia, Italia, agosto 2021
Cretto significa crepa, spaccatura.
Il Grande Cretto o Cretto di Burri lascia senza parole chiunque percorra quelle vie, in silenzio.
Ottanta mila metri quadri di cemento bianco e detriti, lì dove, il 15 gennaio 1968 un terremoto rase al suolo l’intera città di Gibellina Vecchia, provocando 1150 vittime. Tutti gli abitanti della piccola città.
Ne rimasi veramente colpito. Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea: ecco, io qui sento che potrei fare qualcosa. Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento.
Alberto Burri, 1970
Alberto Burri, uno degli artisti e pittori italiani più importanti del Novecento.
Distruggere, per ricreare e trasformare.
Durante il mio viaggio alla scoperta di quella terra ricca di storia e cultura, la Sicilia, ho voluto fare una tappa qui, in questo luogo dove mille emozioni prendono il sopravvento.
Mi sono sentita persa tra vicoli bianchi, gli stessi del centro storico del paese prima del terremoto, e avvolta da un silenzio innaturale. Le opere di land art sono questo, ti avvolgono nella loro potenza senza che tu te ne accorga. Ti lasciano la possibilità di essere libero di provare emozioni e di essere da solo con se stesso. Per ognuno è soggettivo e credo che sia indescrivibile quello che ho provato camminando in quel luogo. Un senso di vuoto sicuramente.
Un’opera iniziata nel 1984, conclusa parzialmente nel 1989 per poi essere completata nel 2015, così come desiderio del suo creatore. Una delle poche opere di land art in Italia e una delle più estese al mondo.
L’intenzione dell’artista era quella di creare un luogo che sarebbe rimasto per sempre immerso nella memoria di chi lo visita, e per me è stato così.
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